STORIA ANTICA DEL PUGILATO

 

 Inni e leggende delle civiltà mesopotamiche e di quella egizia, narrano di eroi o semplici combattenti che sconfiggono i propri avversari in una lotta a pugni chiusi. Esistono addirittura graffiti preistorici del III millennio a.C. che raffigurano combattimenti tra uomini, presumibilmente in occasione di qualche cerimonia.

 Molti studiosi ritengono di poter trovare l’origine di questa pratica sportiva tra le civiltà nuragiche della Sardegna. Sembra che il faraone Ramses II rimase affascinato dall’abilità guerriera di uno dei cosiddetti Popoli del mare abitanti la Sardegna centro-occidentale: gli Shardana. Il dio-re egizio fu tanto strabiliato da questo popolo che decise di farne la propria guardia personale.

 Nel 23° canto dell’Iliade, per la morte di Patroclo gli Achei, dopo aver pianto il compagno, organizzano dei giochi funebri. Tra questi vi sono anche delle gare di pugilato, in greco pygmachìa. Primeggia tra tutti Epeo, che fù anche il costruttore del cavallo di Troia.

 Nel 688 a.C. viene introdotta come disciplina ufficiale nella XIII Olimpiade, il cui primo vincitore è ricordato con il nome di Onomasto di Smirne.

 Il pugilato greco aveva una serie di regole. Innanzitutto tali gare prevedevano, oltre all’uso delle mani, per colpire l’avversario, anche quello delle gambe. Questo lo fa somigliare in un certo senso più alla moderna kick boxing che al pugilato vero e proprio. Pare che tali regole venissero per lo più rispettate per timore delle conseguenze: i trasgressori infatti venivano fustigati, dopo aver ovviamente perso l’incontro. Il combattimento terminava o con quello che noi definiamo ko oppure con la resa data dal dito indice alzato del combattente stremato.

 È interessante sapere che inizialmente venne usata, come d’altronde ogni arte marziale, come addestramento per fortificare il corpo e anche la mente. Addirittura a Sparta non si decretavano vinti e vincitori, ma semplicemente si combatteva fino a stancarsi, il tutto per mantenersi in forma e abituarsi al dolore e alla violenza di una battaglia.

 Nella penisola italiana i primi probabilmente a regolamentare un combattimento corpo a corpo a mani nude nella nostra terra furono gli Etruschi.

 Inizialmente si combatteva senza protezioni, poi si adottarono delle strisce di cuoio lavorate per proteggere le mani. Anche qui i pugili diventano mano a mano dei professionisti.  Nella civiltà etrusca il pugilato divenne un mezzo usato in prevalenza dai più poveri per guadagnarsi da vivere.

 Discepoli in questa e molte altre arti del popolo dell’Etruria furono ovviamente i Romani. Questi fecero proprie entrambe le scuole pugilistiche (greca ed etrusca), aggiungendo naturalmente un po’ del loro. I combattenti si affrontavano durante i famosi spettacoli circensi. Il pugilatus, la boxe romana, è la forma antica più vicina al moderno pugilato ottocentesco. I pugni erano protetti da uno strumento molto simile ai nostri guantoni: il caestus. Era costituito da una sorta di guanto rigido che copriva parte dell’avambraccio, formato da cinghie in cuoio a cui poi vennero aggiunte borchie, punte e placche in metallo.

 I combattimenti divennero sempre più crudi finché nel I secolo a.C. il caestus fu proibito ufficialmente, mentre nel 393, sempre Teodosio I, abolì il combattimento corpo a corpo in tutto l’Impero.

 In età Moderna ricomparve dando vita a quella che sarà definita “noble art” (nobile arte), praticata da gran parte dell’aristocrazia europea, in particolare dai Lord: la boxe.

 

 

 

  

   DA DOVE VIENE IL NOME DELLA NOSTRA

   PALESTRA?

 

 L'espressione Pound for Pound (dall'inglese letteralmente "libbra per libbra") indica un

criterio di classificazione che ordina per bravura atleti (tipicamente di discipline da

combattimento) indipendentemente dalla categoria di peso di appartenenza.

 Il termine nacque verso la fine degli anni quaranta, quando ci fù una disputa fra giornalisti

di boxe riguardo alla bravura dell'allora campione del mondo dei pesi welter Sugar Ray

Robinson.

 Si voleva dare il giusto valore di quel campione rispetto ad altri pugili, anche appartenenti

a categorie di peso diverse.

 Ovviamente un welter, per quanto bravo, non potrebbe essere materialmente messo in

combattimento con un massimo o comunque con un pugile di peso diverso: il fattore peso

falserebbe completamente l'incontro.

 I critici, valendosi della loro conoscenza dello sport, vollero quindi cercare di immaginare

quale sarebbe l'esito di un confronto se gli atleti di diverse categorie avessero lo stesso

peso.

 Venne così stilata la prima classifica Pound for Pound che attribuì proprio a Sugar Ray

Robinson il primo posto.

 Adesso ogni mese, le riviste specializzate pubblicano la classifica Pound for Pound.

Nel tempo è anche stata introdotta la classifica Pound for Pound relativa alle

determinate categorie di peso.

 

        

    

                  LA BOXE E LE DONNE

 

 Negli anni ‘20 c’erano già tante donne che praticavano il pugilato. Però i loro non erano ancora considerati combattimenti sportivi, ma più che altro spettacoli.

 Ci sono volute le figlie d’arte Laila Alì e Jacqueline Frazier per far riconoscere la professionalità nella boxe femminile a fine anni ’90.

 In Italia è legale dal Luglio 2001 e oggi ci sono 500 atlete tesserate, che cioè partecipano a competizioni nazionali e internazionali. La boxe femminile è stata ammessa alle Olimpiadi tenutesi a Londra nel 2012.

                          PERCHE’ PROVARLA E QUALI SONO I BENEFICI?

 Noi consiglieremmo di provarla, così come faremmo per qualunque altro sport, ma siamo comunque convinti che la boxe possa dare una marcia in più, anche se non si vogliono incrociare i guantoni neanche in allenamento.

 Non bisogna considerare la boxe solo come un’attività agonistica, per di più pericolosa. Ognuno ha obiettivi diversi che può raggiungere con l'allenamento. Per alcune ragazze per esempio, il pugilato ha a che fare con la propria sfida personale contro la paura, perché essere donne indipendenti in una città comporta la possibilità di doversi difendere da molestie, tentativi di rapina e di violenza sessuale. L'allenamento del pugilato permette, col tempo, di imparare a controllare le proprie reazioni e ad essere più pronti in caso di pericolo.  

 In più migliora sicuramente la propria autostima, cosa molto importante anche nell'ambiente del lavoro.

 C'è chi invece vuole un esercizio fisico di un certo livello, chi desidera combattere sul ring, chi ha bisogno di ritrovare sicurezza e fiducia nelle proprie capacità.

 Sicuramente quindi questa attività sportiva di raggiungere obiettivi diversi.

L’allenamento della boxe è uno dei più completi in assoluto, sia dal punto di vista fisico che mentale. Sempre più preparatori nel mondo ne utilizzano gli elementi fondamentali per allenare professionisti, artisti, sportivi, e tutte quelle persone che cercano forma fisica e determinazione per affrontare le sfide quotidiane.

 Tramite la boxe, possiamo migliorare la nostra forza, la resistenza, la velocità, l’equilibrio, la destrezza e raggiungere uno stato di forma ottimale.

 L’allenamento del pugilato ci permette di rafforzare il nostro carattere e di renderci coscienti delle nostre capacità.  Ci stimola ad andare avanti anche quando le nostre energie si stanno esaurendo, ci insegna ad essere competitivi e disciplinati con noi stessi, ma anche ad avere rispetto dell’avversario.

               

 

 

 

 

 

 

                                  LA BOXE E IL CINEMA

 

 

 Cinema e Boxe continuano ancora il loro connubio, la rivista Variety rivela che

prossimamente inizieranno le riprese per un nuovo film su Mike Tyson, interpretato stavolta da Jamie Foxx.  Tyson è stato senza alcun dubbio il pugile più famoso degli ultimi decenni, l'unico in grado, dopo Alì, di calamitare l'attrazione anche di coloro che non seguono la boxe.  Ad un anno circa dall'uscita della sua autobiografia best seller, True (titolo dell'edizione italiana), Iron Mike torna a far parlare di sé, poiché stavolta diventerà pellicola.

 

 Il cinema e la boxe hanno una relazione che dura da più di un secolo. Riportiamo un articolo pubblicato l'8 Novembre 2009 su MovieSushi.it:

 

     Due arti a confronto sono il Cinema (la settima) e la Boxe (arte nobile del combattere). E proprio grazie al Cinema queste due forme di espressione sono riuscite a incontrarsi e a confrontarsi, regalandoci alcune delle storie più belle di sempre e molte emozioni.

 Il primo film sulla Boxe a essere proiettato in un cinema fu un incontro di 4 minuti nel 1895, quello tra Young Griffo vs Charles Barnett che rappresenta la prima proiezione a scopo commerciale di un incontro di Boxe filmata sul tetto del Madison Square Garden.

 Con la venuta del cinema comico il ring cominciò a essere usato per rappresentare gag di esili pugili contro energumeni imponenti. E’ il caso di Charlie Chaplin nei due film The Knockout (1914) e The Champion (1915), o del grande Buster Keaton in Buttling Butter (1926).

 E’ alla fine degli anni Venti che cominciamo a vedere dopo la comicità, la drammaticità del ring. Il pugilato viene usato nel genere noir, formando un connubio perfetto. E’ nientemeno che Alfred Hitchcock a sfruttare il potenziale drammatico del ring nel film del 1928 The Ring in cui un pugile dilettante affronta coi guantoni l’uomo che gli ha rubato la moglie.

 Bisogna attendere un po’ perché il noir mostri le sue cose migliori nel confronto tra Cinema e Boxe. Un altro grande, Michael Curtiz, in Kid Galahad del 1937 firma un noir d’annata con una immaginifica Bette Davis. Un paio di anni dopo Rouben Mamoulian racconta in Golden Boy la storia di un timido violinista che si trasforma in un pugile senza scrupoli. E ancora: il noir si tinge di melodramma in City for Conquest del 1940 diretto da Anatole Litvak in cui un pugile perde la vista durante un incontro. E si arriva al biopic in Gentleman Jim del 1942, storia vera del pugile Jim Corbett, uno dei primi campioni nella storia della nobile arte.

 Alla fine degli anni Quaranta e all’inizio dei Cinquanta, abbiamo forse gli esempi migliori di cinema e pugilato. The set Up (Stasera ho vinto anche io) di Robert Wise del 1949 rappresenta oggi una delle cose migliori viste al cinema nel rapporto tra noir e film: grandissimo esempio di cinema in cui un mediocre boxer senza più credito combatte un’ultima volta senza sapere che il suo manager ha già venduto l’incontro.

 Il maestro Stanley Kubrick firma Days of Fight (Il giorno del combattimento) nel 1951 sul peso medio Walter Cartier, pellicola che si ricorda per essere il cortometraggio d’esordio del grande regista.

 Seguono The Quiet Man (Un uomo tranquillo) del 1952 firmato da John Ford e naturalmente On the waterfront (Fronte del Porto) di Eli Kazan in cui Marlon Brando è proprio un ex pugile fallito. Alla fine degli anni Cinquanta abbiamo poi in The Harder They Fall (Il colosso d’argilla) l’ultima interpretazione di Humphrey Bogart per la regia di Mark Robson; e nello stesso anno Somebody Up There Likes Me (Lassù qualcuno mi ama) con il magnifico Paul Newman che interpreta la storia vera di Rocky Graziano con la regia di Robert Wise. Un film indimenticabile.

 In questa rapidissima carrellata va ricordato ancora, prima di giungere ai nostri giorni, Fat City (Città amara) del 1972 con un Jeff Bridges agli esordi, e il mitico Sylvester Stallone in Rocky del 1976 diretto da John G. Avildsen che valse l’Oscar come miglior sceneggiatura  Inizia l’epopea di Stallone nel ruolo del pugile del popolo Rocky Balboa che attraverso sei film, passa per gli anni Ottanta, Novanta fino all’ultima pellicola (conclusiva) dal titolo Rocky Balboa del 2006, diretto dallo stesso Stallone e considerato, al pari del primo episodio, un gran bel film.

 Il pugilato, quindi, ha sempre avuto sul Cinema un fascino magnetico. Dagli esordi del muto passando per vari generi drammatici fino ad arrivare al biografico.

 Toro Scatenato di Martin Scorsese con Robert De Niro(qui vincitore del premio Oscar come miglior attore) e Joe Pesci sulla vita di Jack La Motta è forse ancora oggi una delle pellicole più intense a tema pugilistico. Per il Morandini il miglior esempio di Cinema e Boxe nella storia della Settima Arte.

 Negli anni Novanta Tom Cruise ci mostra brevemente le sue doti pugilistiche in Cuori Ribelli del 1992 diretto da Ron Howard, mentre nel 1997 Daniel Day-Lewis mena le mani in The Boxer per la regia di Jim Sheridan. Ma è il nuovo millennio a portare un rinnovato interesse per il genere con Michael Mann che dirige il biografico Alì interpretato da un grandissimo Will Smith che per la prima volta rivela le sue vere capacità di attore. Il film gli vale la candidatura agli Oscar.

 Nel 2004 Clint Eastwood ci regala il magnifico Million Dollar Baby, forse il film più drammatico a tema pugilistico nella storia del Cinema.

 Carnera – The Walking Mountain di Renzo Martinelli del 2008 ricopre un ruolo importante per dispiego di forze e di impegno del cinema italiano. 

 

 

 

 

 

Gazzetta dello Sport

 

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